giovedì 28 febbraio 2019

ORVILLE PECK: "PONY" (SUB POP, 2019).


Esce il 22 Marzo l'esordio di Orville Peck per la sempre più eterodossa Sub Pop di Seattle.
Anche "Pony" infatti rientra nell'operazione (intelligente) della label di incontrare nuovo pubblico e potenziali acquirenti, accaparrandosi le "New Sensations" dell'universo "Alternative" al netto di preclusioni mentali, limiti espressivi e clichè sonori. Strategia che si è rilevata negli anni assolutamente vincente, nonchè caposaldo fondamentale della sua resurrezione post Grunge.
Non si sottrae a questo percorso virtuoso nemmeno il crooner mascherato specializzato nella narrazione di amori spezzati, vendette cariche di ebbrezza, corse nel deserto e risse in bar malfamati che ti si attaccano alla pelle e ti infettano il sangue.
Complice un blend sonico/visivo incredibilmente vario che incorpora le tradizioni country a stelle e strisce e l'immagine uber cool, e vincente, del cowboy 3.0, l'attitude shoegaze e le ballate amniotiche che sembrano uscite dagli script alieni de "La Guerra Dei Mondi" o di "Cowboys & Aliens".
Orville fa di tutto, e di più, nelle 12 tracce che riempiono "Pony" nel vero senso della parola: si sposta dalle Badlands del Nord America al polveroso confine Tex Mex attraversando i Canyon, con in testa l'idea meravigliosa di creare un Golem innamorato tanto di Elvis, Johnny Cash, Chris Isaak  e Twin Peaks quanto di mezza 4AD, J&MC, Soft Cell e Feelies, così per dire, sfiorando a tratti il grottesco e caricaturale senza mai cadere, però, nel tranello dell'autoreferenzialità spinta.
Il Cavaliere Misterioso è il James Crumley della situazione.
Solo che al posto di pistole, coca e whisky a fiumi, preferisce alternare silenzi atmosferici alla steel guitar, tamburi inquieti a tastiere e banjo,  lasciando che siano loro ad argomentare la quotidianità corrotta.
Insomma "Pony" è così, vagamente citazionista ed altamente erotico.
Prendere o lasciare.
Arriva indenne fino a "Nothing Fades Like The Light", epitaffio perfetto, poi ne riparliamo!









Davide Monteverdi


domenica 3 febbraio 2019

J Mascis: "Elastic Days" (Sub Pop, 2018).


Il nuovo album di J Mascis funziona esattamente come "quel" maglione di cashmere che ci si tramanda in famiglia.
Di padre in figlio, da fratello a fratello, da indossare nelle occasioni speciali, magari a Natale, oppure quando fa freddo, ma freddo davvero e non solo fuori.
Almeno, per me è stato così con "Elastic Days": un pigro on repeat sul lettore cd per settimane, proprio nel periodo dell'anno dove vincono i bilanci, le classifiche, e le pagine van voltate di forza senza appello alcuno.
Si snocciola con compostezza il 3° lavoro del leader dei Dinosaur Jr in versione solista, seppur accompagnato da vari ospiti tra cui spiccano Mark Mulcahy (Miracle Legion), Pall Jenkins (Black Heart Procession) e Zoe Randell (Luluc), carico com'è di emotività e chitarre, di salite e discese, di abbracci e abbandoni, di sussuri acustici e sbroccate soniche.
E J è dannatamente bravo ad orchestrare il tutto, nel vero senso della parola.
A fornire equilibrio e ordine ai moti dello spirito, alle chiacchiere sulla magia perversa della quotidianità e dei rapporti umani.
"Elastic Days" trova anche una soluzione armonica in se stesso: non c'è chiaroscuro nel suo incedere riflessivo, ma sano intimismo dialettico ricamato (a tratti) dalla Jazzmaster del folletto di Amherst.
Fatemelo dire, questo è proprio un bell'album da ascoltare dal primo all'ultimo suono: d'altronde quegli accordi lì, quella voce lì, possono permettersi qualsiasi cosa senza rischiare più di tanto.
Siamo insomma al nuovo capitolo della "Storia Del Folk Secondo J Mascis", sempre più "Americana" secondo il Vangelo di Neil Young. 
Scritta, vissuta, e suonata con un'intensità che difficilmente trova paragoni nel panorama musicale attuale.
Le 12 canzoni di "Elastic Days" scivolano via indolenti in un crescendo che, dopo la doppietta "I Went Dust" e "Sky Is All We Had", trova la perfetta quadratura nella sua seconda metà. 
"Give It Off", "Cut Stranger", "Sometimes" ed "Everything She Said" sono, infatti, episodi che brillano di luce aliena capace di trasportarti dove tutto sembra possibile, persino l'Amore nei giorni grigio ferro!








Davide Monteverdi