venerdì 27 luglio 2018

THE 16 EYES: "LOOK" (Area Pirata, 2018).


Ecco un altro album super solare da portarsi in spiaggia per far festa con gli amici.
"Look" è l'esordio firmato dai The 16 Eyes, domiciliati a Phoenix ma nomadi a stelle e strisce nell'animo, sorta di supergruppo capitanato dal leggendario Orin Portnoy già bassista con Optic Nerve e Outta Place. Insomma un personaggio che di sound malati e storti in ambito rock se ne intende e parecchio.
Le 14 tracce (per quasi 40 minuti di buona fattura) suonate dal quartetto spaziano agili tra Garage Punk, Mod, Beat e Psych accodandosi di diritto alla discografia dei classici del Revival Sixties anni 80.
Lì ad  una incollatura buona da pesi massimi come Lyres, Fuzztones, Miracle Workers, Chesterfield Kings, Plan 9 senza risultare ridondanti nel loro percorso spazio/temporale/emozionale, solo un pò "ruffiani" a volte nello sfiorare i tasti giusti per farci bagnare come al liceo.
Certo ci vuole coraggio a produrre musica così nel 2018 (periodo non certo prodigo verso queste sonorità) e dedizione profonda mixata a capacità compositive acclarate, senza dimenticare le manate a go go di sana follia, il plus vincente per creare un gioiello "minore" come questo "Look".
Dove ogni tassello, ogni pausa, ogni ripartenza è asservita alele auree atmosfere soniche così da incenerire ogni dancefloor e far sanguinare i piedi nelle notti senza luna.
"Anyway", "Brand New Girl", "Leaving Here", "Shot In The Dark", "Stupid Little Girl" e "Gotta Go-Go" sono il paradigma perfetto alla bisogna, non serve altro per far scattare il sacro fuoco a ripetizione serrata.
Brava tutti i kids di Area Privata per questa pregiata uscita estiva (la versione in vinile pesante è limitata a 300 pezzi) e bravi The 16 Eyes a non mollare un cazzo..



Davide Monteverdi

lunedì 16 luglio 2018

THE BRADIPOS IV: "Lost Waves" (Area Pirata, 2018).


Più di vent'anni sulla cresta dell'onda e non fare una piega.
Suonano così, ancora incredibilmente bene, i Bradipos IV ed oggi arrivano al traguardo del 4° album, questo "Lost Waves", che non sposta di un millimetro l'amore del combo casertano dalle consuete coordinate che guardano al nuovo continente d'oltreoceano. E più precisamente alle spiagge californiane dei primi anni '60, nel pieno dell'impeto innocente e ingenuo pre Vietnam e pre Summer Of Love. Con in più una verve emo(tiva) ereditata dal recente tour che li ha portati a spasso nel deserto tra Las Vegas e Joshua Tree. Luogo colmo per antonomasia di visioni e finzioni, solitudine e creatività, dissoluzione e viaggi astrali, e che ha decisamente influenzato il loro spettro compositivo elevandolo ad una maturità che in precedenza pareva già acquisita, ma che in realtà oggi si è sviluppata ben oltre ogni confine creativo di genere.
Da tutte queste nuove esperienze nascono le 10 bellissime tracce originali e le 2 cover di pregio ("Ghost Hop", "Siboney") dell'album che vanno così a puntellare un blend perfetto tra musica strumentale e surf, non solo grazie a chitarre scintillanti e chirurgiche, ma anche al minutaggio medio che fila via veloce senza un attimo di tregua o noia.
I Bradipos IV con "Lost Waves" confezionano l'album più equilibrato e vibrante della loro carriera confermandosi, nel caso ce ne fosse ancora bisogno, come una delle migliori band strumentali al mondo.






Davide Monteverdi

martedì 10 luglio 2018

LA LUZ: "Floating Features" (Hardly Art, 2018)


Terzo album per il quartetto di Seattle californiano d'adozione (le ragazze risiedono ora in pianta stabile a Los Angeles) sempre via Hardly Art, sottoetichetta nell'orbita Sub Pop, e prodotto con grande eleganza da Dan Auerbach dei Black Keys.
"Floating Features" esce nel Maggio di quest'anno centrando il primo obbiettivo, ovvero classificarsi come lavoro dal taglio prettamente estivo e delicato come un pugno di sabbia cullato dal vento.
11 tracce che non tradiscono le origini indie del combo, guidato dai vocalismi sensuali di Shana Cleveland (voce e chitarra) e da tutto quell'immaginario che pesca a piene mani nel repertorio di band femminili (e non) degli anni '60/'70, tra psichedelia desertica e folk, suggestioni surf e volute dreampop/shoegaze proprio nell'anno del loro grande ritorno.
Insomma "Floating Features" è musica luminosa, soffice, trasognata, cinematica e perfetta per le gite fuoriporta della domenica o per i falò in spiaggia dopo il mare ristoratore.
Un ascolto che suggerisce l'heavy rotation immediata, cavalcando l'onda lisergica già dai primi minuti grazie al Farfisa di Alice Sandahl e al poderoso cesello ritmico della batteria di Marian Li Pino e del basso pulsante di Lena Simon.
Uscito a tre anni di distanza dal precedente "Weirdo Shrine", "Floating Features" si fa amare come un gattino trovato per strada, in maniera del tutto innocente e appassionata. Soprattutto grazie al generoso balzo in avanti sia a livello compositivo che strumentale confermandosi così, senza fatica, la raccolta di canzoni più completa delle La Luz dall'esordio a oggi.
"Loose Teeth", "California Finally", "The Creature", "Greed Machine" e "Don't Leave Me On The Earth" piacciono subito e sarebbero le sicure hit agostane in un mondo migliore e sghembo come pochi.
Ora basta pensare, è tempo di chinotto, tamburelli e peyote.







Davide Monteverdi.