Per l’unica data italiana del tour dei Foals ci si aspettava il pienone che non c’è stato.
Forse, complici le vacanze estive e un periodo di culmine
per un sacco di cose, il principio della dispersione ha trovato la sua
dimostrazione empirica in un Magnolia comunque vivibile e gioioso, danzante e
festoso in una serata mite e ventilata. Il quintetto di Oxford si è presentato
sul palco alle 22.30 in punto sciorinando tutto il meglio del proprio
repertorio discografico. Quindi apertura con uno Yannis Philippakis che
introduce in solo “Mountain At My Gates” alla platea, facendo subito intendere
il doppio binario che l’esibizione seguirà. Ovvero l’alternanza matematica di
fasi intimiste, che vanno a pescare nel meglio del calderone anni ’80
anglosassone, con i continui crescendo e le fitte trame di chitarra, basso e
batteria che a sprazzi raggiungono picchi di sorprendente potenza e tecnica
sopraffina. Ecco, il concerto dei Foals è tutto qua! Una spremuta agrodolce che
richiama echi di EMOzionale memoria collettiva e la percepibile riluttanza
della band a buttarsi in toto nelle braccia del Pop da facile airplay. Abito
che, ora come ora, calzerebbe loro discretamente bene: le canzoni giuste ci
sono, così come la presenza scenica e i coretti ruffiani per riempire il tempo.
Resta il fatto che l’esibizione soddisfa, ma non esplode mai realmente. C’è
l’impiccio delle fasi chiaroscurali, forse un pò troppe, a scapito dell’impeto
furioso ed è questa sorta di rimodulazione che afferra per le palle solo i fan,
ma non convince fino in fondo chi aveva voglia di godersi una serata di musica
e qualche birra con gli amici. Complice anche il volume (limitato) della venue,
che ad un certo punto ha addormentato tutto in nome di regole che nel 2017
dovrebbero, probabilmente, essere riviste in chiave migliorativa e al rialzo. I
Foals, comunque, di riffa o di raffa trovano la via del trionfo nella notte
milanese delle prime fila, inanellando quindici pezzi pescati in democrazia da
tutti e quattro i lavori di studio: “Black Gold”, “Heavy Water”, “Snake Oil”,
“My Number”, “Two Steps, Twice” risultano convincenti e profonde dal vivo , ma
solo con “Inhaler” e “What Went Down” in chiusura scuotono davvero le interiora
degli astanti. Lasciandoci però senza anticipazione alcuna su quale sarà la
direzione del nuovo album in uscita per la fine del 2017 inizio 2018. Bellini,
bravini, innocui.