Lunedì di pioggia battente e nel lettore cd gira "Spirit Fest", album di debutto del supergruppo formato dai Tenniscoats, al secolo Saya e Takashi da Tokyo, e da una manciata di collaboratori prezzolati che rispondono al nome di Markus Archer (Notwist), Mat Fowler (Jam Money) e Cico Beck (Aloa Input, Notwist), uniti tanto dallo spirito artistico dissacrante e innovatore quanto dalla continua ricerca in ogni possibile ambito musicale.
Galeotto è stato l'incontro tra i protagonisti nell'inverno glaciale di Monaco di Baviera a fine 2016, cui sono seguiti 14 giorni di full immersion in studio, per dare vita ai 10 episodi che scandiscono la tracklist di "Spirit Fest", praticamente registrato tutto, o quasi, in presa diretta al cospetto di Tadklimp, produttore navigato e dalla spiccata sensibilità.
L'atmosfera generale è super solare, oserei dire vagamente natalizia visto il periodo, e la musica scorre via semplice ed evocativa, sinuosa ed empatica come il migliore Avant Pop d'annata.
Perchè di questo si tratta: di carezze tiepide al tavolo della colazione, di piccole architetture d'amore e di totale dedizione sonora, magistralmente composte ed eseguite dalla band.
Si respira un'aria altamente collaborativa secondo dopo secondo, di interscambio genuino tra le diverse parti, e questo permette ad ogni traccia di catturare un ascolto via via sempre più attento, nonostante i bpm tendano al ribasso e gli amplificatori lavorino al minimo sindacale.
Insomma questo "Spirit Fest", disponibile per il pubblico dal 10 Novembre scorso, piace nella sua totalità: gli arrangiamenti sono scintillanti, gli incastri vocali svolazzano onirici e deliziosi, i ricami elettronici si incastrano alla perfezione con le volute acustiche senza mai frizionare nell'incedere, grazie anche ad un melange di influenze che definisce questo esordio nippo/teutonico come brillante, e aggiornato, esempio di "World Music" mutante.
Davide Monteverdi.