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sabato 22 maggio 2021

The Notwist: "Vertigo Days" (Morr Music, Cd 2021).


Sette anni di attesa per avere il nuovo album dei Notwist tra le mani, o meglio, nelle orecchie.
Momenti pazzeschi in cui gli orizzonti musicali sono mutati a velocità supersoniche, destituendo re o battezzando nuovi idoli interinali in un battito di ciglia.
La faccenda però non ha minimamente inficiato le potenzialita sonore della band bavarese - coinvolta in svariati progetti collaterali alla casa madre - che ancora una volta ci stordisce con il suo (ben) collaudato mix di bellezza, sperimentazione, groove e malinconia.
A più di trent'anni dall'esordio, e al nono lavoro di studio, la formazione guidata dai fratelli Acher è ancora in grado di emozionare con quattordici brani (un paio in realtà poco più che intermezzi) di grande intensità vocale e strumentale, episodi che sfumano l'uno nell'altro come i capitoli di un ideale concept album che chiacchiera di amore e vicissitudini collegate. I famigerati Giorni Della Vertigine per l'appunto.
Della loro narrazione si occupa il cantante e chitarrista Markus Acher, la cui voce - vero e proprio trademark del gruppo - è qua sostenuta e accompagnata da una manciata di ospiti di rilievo: Saya (del pop duo nipponico Tenniscoats) nel duetto struggente di "Ship", Angel Bat Dawid e il suo clarinetto jazz al servizio della chiaroscurale e tribaleggiante "Into The Ice Age", il polistrumentista Ben LaMar Gay che scrive e canta in "Oh Sweet Fire", e infine la cantautrice Juana Molina che tratteggia la frenetica "Al Sur" per dancefloor iperuranici.
"Vertigo Day" è l'ennesimo centro per gli artisti di Monaco di Baviera, il cui tiro sembra non aver minimamente risentito della lunga pausa ristoratrice - pandemia a parte - che si sono concessi.
Indietronica (genere di cui possono rivendicare la paternità con fierezza) di grana finissima, ad alto tasso di struggimento imbevuto di soul (nella declinazione robotica che solo ai Notwist è permessa), e che oscilla in preda all'estasi tra il "Più Che Discreto" e il "Meraviglioso", almeno nel mio rating d'ascolto del tutto soggettivo.
Di certo siamo al cospetto di uno degli album più profondi e sensuali di questa prima metà del 2021.
Un punto fermo e rassicurante per i supporter di vecchia data, un compagno di viaggio intrigante e mai invadente per tutti gli altri.
Da acquistare al volo.

Ascolta: "Into Love/Stars", "Exit Strategy To Myself", "Ship", "Into The Ice Age", "Night's Too Dark".






Davide Monteverdi.

lunedì 11 dicembre 2017

Spirit Fest: "Spirit Fest" (Morr Music, Cd 2017)


Lunedì di pioggia battente e nel lettore cd gira "Spirit Fest", album di debutto del supergruppo formato dai Tenniscoats, al secolo Saya e Takashi da Tokyo, e da una manciata di collaboratori prezzolati che rispondono al nome di Markus Archer (Notwist), Mat Fowler (Jam Money) e Cico Beck (Aloa Input, Notwist), uniti tanto dallo spirito artistico dissacrante e innovatore quanto dalla continua ricerca in ogni possibile ambito musicale.
Galeotto è stato l'incontro tra i protagonisti nell'inverno glaciale di Monaco di Baviera a fine 2016, cui sono seguiti 14 giorni di full immersion in studio, per dare vita ai 10 episodi che scandiscono la tracklist di "Spirit Fest", praticamente registrato tutto, o quasi, in presa diretta al cospetto di Tadklimp, produttore navigato e dalla spiccata sensibilità.
L'atmosfera generale è super solare, oserei dire vagamente natalizia visto il periodo, e la musica scorre via semplice ed evocativa, sinuosa ed empatica come il migliore Avant Pop d'annata.
Perchè di questo si tratta: di carezze tiepide al tavolo della colazione, di piccole architetture d'amore e di totale dedizione sonora, magistralmente composte ed eseguite dalla band.
Si respira un'aria altamente collaborativa secondo dopo secondo, di interscambio genuino tra le diverse parti, e questo permette ad ogni traccia di catturare un ascolto via via sempre più attento, nonostante i bpm tendano al ribasso e gli amplificatori lavorino al minimo sindacale.
Insomma questo "Spirit Fest", disponibile per il pubblico dal 10 Novembre scorso, piace nella sua totalità: gli arrangiamenti sono scintillanti, gli incastri vocali svolazzano onirici e deliziosi, i ricami elettronici si incastrano alla perfezione con le volute acustiche senza mai frizionare nell'incedere, grazie anche ad un melange di influenze che definisce questo esordio nippo/teutonico come brillante, e aggiornato, esempio di "World Music" mutante.

Davide Monteverdi.









martedì 3 ottobre 2017

LALI PUNA: "TWO WINDOWS" (Morr Music, cd 2017)


Si è presa un pò di tempo Valerie Trebeliahr per licenziare "Two Windows", 7 anni dal precedente "Our Inventions" possono sembrare un'infinità nel 21° secolo, e soprattutto per curarne la gestazione ancora una volta per la fidata Morr Music dopo la doppia, sofferta, separazione da Markus Archer (Notwist), compagno di vita e membro di un certo peso all'interno della band.
Nonostante tutto la compagine di Monaco impatta discretamente nel 2017, regalandoci un 5° album teso al ritmo, al rinnovamento graduale mantenendo però uno sguardo attento alle origini.
Scorrendo la tracklist e le note informative non passano certo inosservate le prestigiose collaborazioni, vecchie e nuove, che hanno dato il La a una parte consistente del nuovo corso: Dntel, Radioactive Man, Mary Lattimore e MimiCof tutti con una traccia a testa.
Sempre di Indietronica si tratta, delizioso e desueto vocabolo anni 2000, dai canoni estetici meno rarefatti e sussurrati rispetto ai lavori precedenti: un'evoluzione che sorprenderà in positivo i fan dei Lali Puna lasciando piuttosto tiepidi tutti gli altri, quelli che per intenderci si avvicinano a queste atmosfere in cerca di un feedback immediato.
"Two Windows" infatti è sì gradevole, di facile ascolto, concettualmente leggero e solare, ma passa via senza incidere realmente, senza mordere lo spirito e/o il cervello.
Certo, sono minuti di svago orizzontale  quelli che scorrono con "Two Windows", "The Frame", "Her Daily Blank", "Byrds Flying High" e la cover versions di "The Bucket" (Kings Of Leon), ma che regalano un retrogusto di persistente insoddisfazione. Un mix letale tra "il fuori tempo massimo" di una progetto come "Two Windows" e la forma muzak di molte sue tracce, una sorta di tappezzeria senza contesti ben precisi cui adattarsi.
Probabilmente ci vorranno altri 7 anni per ottenere risposte sensate a questi arcani, magari con il 6° album di Valerie & Co. Nel frattempo sopravviveremo comunque, e bene, nonostante i Lali Puna e l'inquieta  Morr generation.








Davide Monteverdi