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lunedì 31 agosto 2020

Maximilian D.: S/T (Mania Records/Fast Lap, Cd 2019).


Se siete in cerca di musica ruspante e immaginifica siete inciampati nel disco giusto.
Parla del Sud del Mondo - ovunque esso si trovi come luogo ideale dell'anima più istintiva - con quel dialetto lì che congiunge come un orlo di pizzo l'Africa alla Calabria passando per il Delta del Mississippi e i bajou della Louisiana irrorati di spezie cajun e musica del diavolo.
Maximilian D aka Massimiliano Muoio smette i panni di (ex) leader dei N.I.A. Punx e si autoproduce, con il sempre illuminato ausilio di Area Pirata, l'omonimo album che sembra strappato dai sogni umidi di Johnny Cash, Jeffrey Lee Pierce, Calexico e Tom Waits. E soprattutto - cosa non da poco - è al 100% made in Cosenza: dalla backing band (che conta alcuni membri dei Kartoons tra gli altri), agli studi di registrazione, dalla nduja alla label Mania Records che rilascia questo gioiellino di rock rurale ruvido e dannato che guarda alla scena Tex Mex con velleità ancora in via di sublimazione.
Bastano solo un paio di cover sghembe ("Got My Mojo Working", "Blues In My Heart") e 9 tracce originali (intro e outro di "Tijuana" compresi) per veder balenare pistole irrequiete e orizzonti di frontiera, braci di falò improvvisati che irridono la vastità del deserto notturno.
"Maximilian D" si presenta senza fronzoli esattamente per come è: una raccolta cruda e gustosa, i cui suoni ancestrali conflagrano come ruscelli di montagna che ambiscono alla quiete della valle piana. Un rimedio buono per sanare le cicatrici di un cuore indomito da vero rocker.
Per certo siamo al cospetto di un puro atto di amore che plana su latitudini e longitudini lontane come fossero a portata di galoppo, con il potere - oggi non comune - di condividere fotogrammi emozionali in un drive-in di cui nessuno - o quasi - ricorda l'indirizzo.
Al netto di qualche lieve e genuina sbavatura ecco qua il miglior Rock desertico italiano da mò.




ASCOLTA QUI

Consigliate: "Beyond The Valley Of The Dolls", "Rattlesnakes",  "The Place Where My Friends Have Gone",  "Tijuana".



Davide Monteverdi.

giovedì 28 febbraio 2019

ORVILLE PECK: "PONY" (SUB POP, 2019).


Esce il 22 Marzo l'esordio di Orville Peck per la sempre più eterodossa Sub Pop di Seattle.
Anche "Pony" infatti rientra nell'operazione (intelligente) della label di incontrare nuovo pubblico e potenziali acquirenti, accaparrandosi le "New Sensations" dell'universo "Alternative" al netto di preclusioni mentali, limiti espressivi e clichè sonori. Strategia che si è rilevata negli anni assolutamente vincente, nonchè caposaldo fondamentale della sua resurrezione post Grunge.
Non si sottrae a questo percorso virtuoso nemmeno il crooner mascherato specializzato nella narrazione di amori spezzati, vendette cariche di ebbrezza, corse nel deserto e risse in bar malfamati che ti si attaccano alla pelle e ti infettano il sangue.
Complice un blend sonico/visivo incredibilmente vario che incorpora le tradizioni country a stelle e strisce e l'immagine uber cool, e vincente, del cowboy 3.0, l'attitude shoegaze e le ballate amniotiche che sembrano uscite dagli script alieni de "La Guerra Dei Mondi" o di "Cowboys & Aliens".
Orville fa di tutto, e di più, nelle 12 tracce che riempiono "Pony" nel vero senso della parola: si sposta dalle Badlands del Nord America al polveroso confine Tex Mex attraversando i Canyon, con in testa l'idea meravigliosa di creare un Golem innamorato tanto di Elvis, Johnny Cash, Chris Isaak  e Twin Peaks quanto di mezza 4AD, J&MC, Soft Cell e Feelies, così per dire, sfiorando a tratti il grottesco e caricaturale senza mai cadere, però, nel tranello dell'autoreferenzialità spinta.
Il Cavaliere Misterioso è il James Crumley della situazione.
Solo che al posto di pistole, coca e whisky a fiumi, preferisce alternare silenzi atmosferici alla steel guitar, tamburi inquieti a tastiere e banjo,  lasciando che siano loro ad argomentare la quotidianità corrotta.
Insomma "Pony" è così, vagamente citazionista ed altamente erotico.
Prendere o lasciare.
Arriva indenne fino a "Nothing Fades Like The Light", epitaffio perfetto, poi ne riparliamo!









Davide Monteverdi