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giovedì 23 aprile 2020

The Homesick: "The Big Exercise" (Sub Pop, Cd 2020).


Gli Homesick sono formalmente un trio - alla bisogna si aggregano altri musicisti per completare il suono della band - olandese messo sotto contratto nientemeno che dalla Sub Pop la quale, come più volte articolato in passato, ha sviluppato un fiuto infallibile nell'arricchire e diversificare il proprio catalogo, aprendo a soluzioni musicali talvolta eterodosse, ma pregevoli sotto molti punti di vista.
Rientrano in questa categoria i kids di Dokkum che con "The Big Exercise" confezionano un esordio per la label di Seattle che è un pò la sorpresa - in positivo - dei primi mesi dell'anno.
Reduci da un primo album "Youth Hunt" ( per la indie label Subroutine) che già diceva parecchio del loro manifesto estetico seppur declinato in maniera acerba e con focus ondivago, in questo nuovo lavoro di studio si superano alla grande.
In meno di 3 anni sono infatti riusciti a compattare suoni e idee, a renderli organici e fruibili, secondo un'interpretazione molto personale del concetto di musica "Pop", che dovrebbe essere in primis veicolo di Bellezza condivisa senza necessariamente scendere a patti con i trend del momento.
In " The Big Exercise" c'è tutta questa tensione artistica e ideale, la si avverte sulla pelle, canzone dopo canzone, in un esplosione policroma dall'impatto devastante.
Merito della produzione accurata e matura, certo, ma anche - e soprattutto - della conflagrazione di mille coordinate sonore che contribuiscono a rendere magico il prodotto finale, super divertente da ascoltare a ripetizione e di difficile catalogazione "atmosferica".
In " The Big Exercise" resiste la scia post punk/wave, si odorano rarefatti effluvi prog e psichedelici, i tentativi art pop vanno a buon fine così come le impennate chitarristiche, e il melange che ne scaturisce profuma di sole, campi in fiore e amore libero.
Animal Collective, Scott Walker, King Gizzard, Field Music, Beatles, XTC, Monochrome Set, Josef K, Ariel Pink - tra i tanti - sono gli astri luminosi della galassia sonora e compositiva che gli Homesick frequentano con dimestichezza, o almeno così scrivono quelli che di musica ne sanno a pacchi.
"The Big Exercise" è una raccolta di canzoni davvero molto affascinante e con il potere di cambiare il senso di una giornata qualsiasi, per questo merita almeno un ascolto e possibilmente l'acquisto immediato.
Bravi!

Ascolta: "Children's Day", "I Celebrate My Fantasy", "Focus On The Beach", "Male Bonding".






Davide Monteverdi.


venerdì 15 novembre 2019

NO STRANGE: "MUTTER DER ERDE" (Area Pirata, 2019).


I No Strange possono piacere o non piacere, ma restano una delle poche band "alternative" con carisma e argomenti.
L'unica, o quasi, che è sopravvissuta ai famigerati anni '80 muovendosi con eleganza e volo libero tra le pieghe della psichedelia più cosmica, ammantando testi misticheggianti e introspettivi di un caleidoscopio sonoro dalla rara potenza evocativa.
Questa formula alchemica si è concretizzata ai massimi livelli in 
"Mutter Der Erde" dove, attorno al duo storico formato da Alberto Ezzu e Salvatore "Ursus" D'Urso, si schierano ospiti perfettamente in linea con la direttrice musicale della band torinese: Gabriele Maggiorotto (basso) e Riccardo Salvini (batteria) degli Indianizers, Stefania Priotti (violino) e Simona Colonna (violoncello, flauto), e i due soprani Paola Scatena e Rita Tekeyan - l'armena che in "Kilikia" rende omaggio alle parole del poeta Komitas - a perlustrare profondità siderali con i loro vocalismi sinuosi.
Non è mai semplice definire l'arte dei No Strange perchè è mutevole come le stagioni, variano di intensità e colori nonostante seguano uno "schema" ormai acclarato.
Ed è perfetto così!
Mano libera dunque all'esoterismo bucolico, alla musica antica, al Prog, al Kraut Rock in odor di Corrieri Cosmici, ai momenti meditativi alla Dead Can Dance, all'elegia che celebra Gaia e i suoi riti ancestrali, in un melange di equilibri sottili e talmente ben architettati che"Mutter Der Ende" si trasforma in ascolto virale. 
Il succo della magia dei No Strange sta proprio qua: saper narrare storie "bislacche"senza annoiare mai!
Bravi loro a "dedicare" questo album (il 5° dalla reunion del 2011) a Jutta Nienhaus - cantante degli Analogy e collaboratrice di pregio mancata poco prima di questa ultima produzione - e bravi i kids di Area Pirata/Psych Out per la bella stampa limitata in vinile pesante, con flipback cover, e coupon per il download.



Ascolta anche: "Voyage Dans La Lune", "Un Viandante Tra le Stelle".





Davide Monteverdi.


giovedì 26 settembre 2019

Maurizio Curadi: "Phonorama" (Area Pirata, 2019)


Al di là delle definizioni, dei limiti estetici, con cui si cerca sempre di circoscrivere un lavoro discografico "strano", "Phonorama" di Maurizio Curadi (Steeplejack) si impone all'ascolto come un "oggetto non identificato" di estremo fascino mesmerico.
Che naviga in acque più pacate che burrascose, cui il termine "sperimentale" sta strettissimo e fuori fuoco rispetto alle 6 plastiche composizioni che ne strutturano la tracklist (in realtà 9 con le bonus track, per una lunghezza che sfonda in totale l'ora di performance).
Maurizio, qui, non fa altro che accomodarsi sullo sgabello e trasformare le sue chitarre nelle protagoniste assolute di un viaggio onirico, dove psichedelia, musica progressiva, elaborazione dei suoni e assetti circolari figli bastardi del kraut teutonico, si fondono in un soffio caldo e mellifluo che accarezza e affranca da ogni inibizione.
Potremmo banalmente infilare "Phonorama" nella casella "chillout" o "ambient, se non fosse per quella attitudine dell'artista a scansare ogni responsabilità contestuale, esplorando territori musicali - seppur non innovativi - al netto di noia e ridondanze.
Tutto sommato "Phonorama" mi è piaciuto parecchio: parliamo di un album che non vorrebbe essere per tutti, ma paradossalmente lo diventa, stemperando il vocabolario concettuale con grande qualità interpretativa.


Ascolta: "Cicadas", "Hidalgo".





Davide Monteverdi


mercoledì 11 aprile 2018

KING TUFF: "THE OTHER" (Sub Pop, 2018)


Uscirà a giorni "The Other" il nuovo lavoro sulla lunga distanza di King Tuff aka Kyle Thomas, anticipato su Youtube dai video in heavy rotation di "The Other", "Psycho Star" e "Raindrop Blue", a quattro anni dal precedente "Black Moon Spell".
Ci sono un pò di cose da annotare al volo: Kyle per portare a termine l'operazione "The Other" con successo prima si circonda di vecchi amici dagli obliqui gusti musicali come Mikal Cronin, Ty Segall e Jenny Lewis (ex Rilo Kiley), quindi si produce tutto da solo l'album per poi farlo mixare da quel maghetto di Shawn Everett già al lavoro con i War On Drugs.
La risultante sono dieci tracce camaleontiche per cui ogni tentativo di classificazione sonora risulta banale e mai pienamente centrata.
C'è sì dell'introspezione con sfumature malinconiche nei testi, ma le composizioni, come gli arrangiamenti, rimangono scintillanti e giostrati con tatto, apparendo fin da subito meno slabbrati rispetto ai lavori precedenti. Vale a dire che l'espressività creativa di King Tuff è geneticamente mutata nel tempo, evolvendosi verso un linguaggio più pieno, maturo e definito.
Troviamo meno cavalcate chitarristiche dal piglio "garage punk" ad imbizzarrire le tracce, mentre synth e tastiere, con cui poi esplorare lidi altri nei dintorni lisergici contemporanei, fanno un passo in avanti tratteggiando curiosi orizzonti policromi. E tutto questa architettura parrebbe proprio in odore di Ty Segall, già alle prese col suo ultimo progetto/totem Freedom's Goblin nei medesimi, o quasi, percorsi stilistici.
L'ascolto di "The Other" scorre piacevole e senza rallentamenti, anzi l'attenzione
aumenta canzone dopo canzone denotando la grande capacità di Kyle Thomas di coinvolgere emotivamente anche l'ascoltatore più restio.
"Raindrop Blue", "Psycho Star", "Birds Of Paradise" e "Neverending Sunshine" sono meravigliosamente in bilico tra Prog, Psichedelia e Glam Rock e probabilmente i numeri migliori dell'album, almeno per il sottoscritto!
Ottimo.









Davide Monteverdi