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martedì 9 luglio 2019

VERSING: "10000" (Hardly Art, 2019)


"10000" è il nuovo, secondo, lavoro di studio per il quartetto di Seattle guidato dal carismatico cantante e chitarrista Daniel Salas, che con le sue 13 tracce ci conduce per mano in un passato recente e glorioso. Quegli anni 90 che hanno marchiato a fuoco almeno un paio di generazioni turbolente di teenagers, in un saliscendi schizofrenico tra melodie e rumore, ordine e caos, autodistruzione e catarsi.
Tutti i riferimenti sonori di questo album prendono ossigeno, di fatto, dall'epopea alternative rock di quel decennio, rimodulati però secondo un linguaggio corrente (seppur rispettoso delle tradizioni) declinabile con la sensibilità delle nuove generazioni di ascoltatori.
Le tracce di "10000" scorrono bene dall'inizio alla fine, abbandonando nelle sinapsi schegge elettriche di Pavement, Dinosaur Jr, Sonic Youth e tutta quella roba lì college rock a stelle e strisce, con in più una strizzatina d'occhio alla coeva scena shoegaze psichedelica inglese.
Insomma nulla di nuovo sotto il sole dell'indie sound (tantomeno dalla rigogliosa Seattle), ma "10000" è un album che si fa ascoltare con rinnovata curiosità: di sicuro non impatterà sul corso della storia, ma può ambire a guadagnarsi lo status di gioiellino incompreso all'interno della scena.


Ascolta: "Entryism", "Tethered", "By Design", "In Mind", "Sated".



Davide Monteverdi.


domenica 3 febbraio 2019

J Mascis: "Elastic Days" (Sub Pop, 2018).


Il nuovo album di J Mascis funziona esattamente come "quel" maglione di cashmere che ci si tramanda in famiglia.
Di padre in figlio, da fratello a fratello, da indossare nelle occasioni speciali, magari a Natale, oppure quando fa freddo, ma freddo davvero e non solo fuori.
Almeno, per me è stato così con "Elastic Days": un pigro on repeat sul lettore cd per settimane, proprio nel periodo dell'anno dove vincono i bilanci, le classifiche, e le pagine van voltate di forza senza appello alcuno.
Si snocciola con compostezza il 3° lavoro del leader dei Dinosaur Jr in versione solista, seppur accompagnato da vari ospiti tra cui spiccano Mark Mulcahy (Miracle Legion), Pall Jenkins (Black Heart Procession) e Zoe Randell (Luluc), carico com'è di emotività e chitarre, di salite e discese, di abbracci e abbandoni, di sussuri acustici e sbroccate soniche.
E J è dannatamente bravo ad orchestrare il tutto, nel vero senso della parola.
A fornire equilibrio e ordine ai moti dello spirito, alle chiacchiere sulla magia perversa della quotidianità e dei rapporti umani.
"Elastic Days" trova anche una soluzione armonica in se stesso: non c'è chiaroscuro nel suo incedere riflessivo, ma sano intimismo dialettico ricamato (a tratti) dalla Jazzmaster del folletto di Amherst.
Fatemelo dire, questo è proprio un bell'album da ascoltare dal primo all'ultimo suono: d'altronde quegli accordi lì, quella voce lì, possono permettersi qualsiasi cosa senza rischiare più di tanto.
Siamo insomma al nuovo capitolo della "Storia Del Folk Secondo J Mascis", sempre più "Americana" secondo il Vangelo di Neil Young. 
Scritta, vissuta, e suonata con un'intensità che difficilmente trova paragoni nel panorama musicale attuale.
Le 12 canzoni di "Elastic Days" scivolano via indolenti in un crescendo che, dopo la doppietta "I Went Dust" e "Sky Is All We Had", trova la perfetta quadratura nella sua seconda metà. 
"Give It Off", "Cut Stranger", "Sometimes" ed "Everything She Said" sono, infatti, episodi che brillano di luce aliena capace di trasportarti dove tutto sembra possibile, persino l'Amore nei giorni grigio ferro!








Davide Monteverdi