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lunedì 16 luglio 2018

THE BRADIPOS IV: "Lost Waves" (Area Pirata, 2018).


Più di vent'anni sulla cresta dell'onda e non fare una piega.
Suonano così, ancora incredibilmente bene, i Bradipos IV ed oggi arrivano al traguardo del 4° album, questo "Lost Waves", che non sposta di un millimetro l'amore del combo casertano dalle consuete coordinate che guardano al nuovo continente d'oltreoceano. E più precisamente alle spiagge californiane dei primi anni '60, nel pieno dell'impeto innocente e ingenuo pre Vietnam e pre Summer Of Love. Con in più una verve emo(tiva) ereditata dal recente tour che li ha portati a spasso nel deserto tra Las Vegas e Joshua Tree. Luogo colmo per antonomasia di visioni e finzioni, solitudine e creatività, dissoluzione e viaggi astrali, e che ha decisamente influenzato il loro spettro compositivo elevandolo ad una maturità che in precedenza pareva già acquisita, ma che in realtà oggi si è sviluppata ben oltre ogni confine creativo di genere.
Da tutte queste nuove esperienze nascono le 10 bellissime tracce originali e le 2 cover di pregio ("Ghost Hop", "Siboney") dell'album che vanno così a puntellare un blend perfetto tra musica strumentale e surf, non solo grazie a chitarre scintillanti e chirurgiche, ma anche al minutaggio medio che fila via veloce senza un attimo di tregua o noia.
I Bradipos IV con "Lost Waves" confezionano l'album più equilibrato e vibrante della loro carriera confermandosi, nel caso ce ne fosse ancora bisogno, come una delle migliori band strumentali al mondo.






Davide Monteverdi

martedì 24 aprile 2018

HOT SNAKES: "JERICHO SIRENS" (Sub Pop, 2018).



L'indiscutibile talento di Rick Froberg e John Reis è tutto qui, in "Jericho Sirens".
Il nuovo, quarto, album per gli Hot Snakes o meglio il primo dal 2005, data del loro improvviso scioglimento, nonostante siano ritornati blandamente in azione già dal 2011 con una manciata di esibizioni live.
Quattordici anni, se la matematica non è un'opinione, e come si dice non sentirli in assoluto, soprattutto mettendo mani e orecchie alle 10 bordate della tracklist: nessuna concessione, nessuna titubanza, nessun calo di tensione o creatività, ma l'esatto contrario
"Jericho Sirens" è, infatti, l'evoluzione naturale del suono incrociato di Drive Like Jehu e Rocket From The Crypt, dopato di testosterone e furia cieca, bipolare ma in controllo quasi manicacale.
"Hardcore Garage Punk" ne ha saggiamente scritto qualcuno centrando il punto: un mix letale cui aggiungere l'amore bruciante in primis per i Wipers, poi per i Suicide, At The Drive In, Nomeansno, New Bomb Turks, Swans e Shellac, ricomposti sadicamente in un mosaico preciso dai bordi taglienti come rasoi.
Per l'esordio su Sub Pop (che ristamperà a breve l'intero catalogo della band di San Diego) Rick e John mettono prima mano alla line up originale coinvolgendo tutti gli attori del recente passato, compresi i due batteristi Jason Kourkounis (Delta 72) e Mario Rubalcaba (Earthless, Off!) oltre al bassista Gar Wood, affidandosi quindi alle indiscusse capacità del fido Ben Moore in fase di produzione.
Ne esce una bomba a frammentazione devastante a tutti i livelli.
Detto per inciso non siamo in odore di una qualsivoglia operazione Nostalgia, perchè gli Hot Snakes hanno mantenuto il piglio "in your face" al netto di qualsiasi compromesso commerciale: suonano davvero e lo fanno benissimo rivitalizzando con ottima sinergia suoni e liriche di un genere col fiato corto da anni.
Poco importa quanto siano angolari, brutali, veloci, ironici e urticanti.
A loro non glien'è mai fregato un cazzo della moda, tantomeno di suonare al Coachella.
Davvero, è tutto bellissimo, ma "I Need A Doctor", "Six Wave Hold-Down", "Jericho Sirens" di più!







Davide Monteverdi

giovedì 12 aprile 2018

MAMUTHONES: "FEAR ON THE CORNER" (ROCKET RECORDINGS, 2018)


"Fear On The Corner" è un bellissimo disco alieno.
Come lo potrebbero suonare i marziani dopo essersi iniettati in vena il meglio della musica obliqua contemporanea: dai Talking Heads (Fear Of Music) a Miles Davis (On The Corner), dai Joy Division con Martin Hannett a Fela Kuti e William Onyeabor, sbandando infine sui ritmi mondialisti, sofferti, e perfettibili di cult label come ZE Records e ON-U Sound.
Basta l'aggiunta tattica di un bel pò di motorik, succhiata a forza dal sancta sanctorum Kraut Rock (la sacra triade Can/Ash Ra Tempel/Neu! per capirci meglio), per detonare in un crescendo apocalittico che di nome fa "Here We Are" e che, guarda caso, è anche la chiusa precisa di un lavoro quadrato dal primo secondo all'ultimo.
E' così che la band di Alessio Gastaldello, scultore principale dell'Italian Occult Psychedelia con i Jennifer Gentle, cesella con classe e carisma il prestigioso debutto per la Rocket Recordings. Manifestando inizialmente insofferenza verso certi confini ortodossi del concetto "Musica"che pian piano vengono soggiogati dall'orchestrazione perfetta di tutto il patrimonio sonico disponibile.
"Fear On The Corner" è ovviamente questo e molto, molto di più.
Indescrivibile a parole, ma perfettamente interpretabile ad occhi chiusi e con l'anima in fiamme. Schizofrenico nel suo girovagare tra rovine esistenziali che sporcano di sangue testi cupi e fatalisti,  senza mai appesantire le atmosfere oniriche e pulsanti a cornice.
E poi?
E poi ci sono sette canzoni che sembrano appartenere a galassie parallele, sette viaggi immaginifici, sette dimostrazioni di magia compositiva.
Sette il numero esoterico per eccellenza.
"Fear The Corner" finisce così, senza fatica nè stanchezza, in una cavalcata gloriosa al netto di qualsiasi Paura.






Davide Monteverdi